(Nota dell'autrice: scritta il 5 e il 7 novembre 2013, "Prima era, ora fu" è una poesia molto libera metricamente, e data la passione per la narrazione fantastica, l'intenzione è stata sin da subito di versificare una breve fiaba utopistica. Più bio, per una civiltà più limpida. Usiamo la tecnologia pulita. Il mio invito lo faccio con le rime, come i brindisi ;) )
In
primavera nell’estrema Nalù
vi
si recò una donna dell’Occidente radicale,
andò
lì perché non c’era il tempo presente, ma uno strano crinale:
Prima era, ora
fu.
Non
vi era scritto nome sulla strada,
mancavano
percorsi e indicazioni
e
non c’era mappa: di illusioni
era
creata Nalù, città d’arte, non Dada,
ma
sì del Caso, di dubbio e incertezze.
La
donna solitaria, constatate le grandi altezze
-
C’erano vette su vette a Nalù -
vide
il tempo procedere matto “Prima era, ora fu”.
Un
gioco di città era Nalù,
che
era stata davvero costruita
da
chi del mondo si era istruita.
La
donna dell’Occidente radicale,
si
era tinta e rivestita,
aveva
un tempo osservato come assale
la
natura potente e risentita.
Irresistibile,
calamitica, era ora,
potente
e visionaria,
non
vi era caldo, vento, bora.
Nalù
era aria
buona.
Buona.
Polis
immaginaria
inarcata
di strutture bio:
dell’energia
del vento si faceva mondo.
Eliche
di mulini moderni,
gigantesse
inanimate andavano girando,
e
come per volontà di un Dio,
il
male sembrava rimanere lungo i confini esterni.
La
donna dell’Occidente radicale,
pareva
già introdurre qualcosa a Nalù.
Considerazioni,
orazioni,
invocava,
interrogava.
E
un giorno salì sulle vette, lassù,
sola
ancora una volta, per curiosità del crinale.
Cominciò
a narrare.
L’aria
portò le parole lontano,
ovunque,
fino le eliche: lì il suono investì
nuovamente
l’atmosfera
e
le pale le resero meno rare, a raggiera.
Si
diffusero, i termini, e c’era il presente finalmente lì,
e
qualcosa di limpido e arcano,
come
se le parole di quella novella Diana,
dall’altitudine
leggera,
non
dimenticata la propria era,
avessero
potuto tramutare Nalù in realtà quotidiana.
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